“Zero Tolleranza per il Silenzio”, la voce ritrovata del Ruzzese, un vino che rompe il silenzio”

di Fosca Tortorelli

Nel cuore del Levante ligure, tra le vigne che scendono vertiginose verso il mare di Bonassola, nasce un vino che non ha paura di parlare, anzi, che pretende di farlo. “Zero Tolleranza per il Silenzio” non è solo un’etichetta, è una dichiarazione d’intenti: un atto di coraggio agricolo, culturale e umano. È la voce scelta dall’azienda Ca’ du Ferrà per dare forma liquida a una delle tante varietà dimenticate del panorama vitivinicolo italiano, il Ruzzese.

Per la sua presentazione ufficiale è stata scelta la Biblioteca Internazionale “La Vigna” di Vicenza, un luogo simbolico, oltre ad essere un importante centro di cultura enologica, dove il sapere del passato incontra le visioni del futuro.  

«È un onore ospitarvi qui», ha dichiarato il presidente della Biblioteca, Remo Pedon, sottolineando l’importanza di preservare e valorizzare non solo la vite, ma tutto ciò che le ruota intorno: tradizioni, memoria e biodiversità. Una scelta tutt’altro che casuale. Fondata dall’imprenditore Demetrio Zaccaria, la biblioteca custodisce oltre 62.000 volumi dal Quattrocento a oggi, ed è considerata uno dei maggiori centri di documentazione enogastronomica del mondo. Ogni libro è una moltitudine di storie, ogni scaffale una fermentazione di idee.

Ed è proprio tra gli scaffali di questo tempio della cultura del vino che Davide Zoppi e Giuseppe Luciano Aieta – titolari dell’azienda Ca’ du Ferrà – hanno rintracciato un testo raro e fondamentale, “la Storia dei Vini d’Italia di Andrea Bacci”, datata 1596. In quelle pagine, è proprio il Ruzzese a essere citato come vino già apprezzato da papa Paolo III per la sua succosità e purezza.

Bacci scrive: “questi vini sono sincerissimi nella sostanza, di uno straordinario odore e limpidi nella loro splendidezza dorata che scintillano blandamente nei bicchieri…”. Un documento che restituisce storicità e nobiltà a un vitigno rimasto troppo a lungo nell’ombra.

Al suono magnifico di questo connubio tra passato e futuro, nasce così il Liguria di Levante Bianco IGP Zero Tolleranza per il Silenzio 2023, da uve Ruzzese, un vino che ha rotto il silenzio che per anni aveva avvolto questa varietà. Un vino frutto anche di un’intuizione audace, che vede proporre quest’uva autoctona ligure, tradizionalmente vinificata in versione passita, in una nuova veste contemporanea. Dopo il debutto con il progetto “Diciassettemaggio” – il loro Ruzzese in versione passito – Davide Zoppi e Giuseppe Luciano Aieta, affiancati dall’enologa Graziana Grassini hanno deciso di osare ancora con questa nuova etichetta.

Davide Zoppi e Giuseppe Luciano Aieta

«È il nostro modo per dire che il silenzio non fa per noi – spiegano –. Che ogni bottiglia può essere una voce. E che la bellezza sta anche nel rompere gli equilibri, per crearne di nuovi».

Il nome del vino è una provocazione culturale prima ancora che estetica: un invito alla responsabilità individuale, un messaggio contro l’omertà, la paura, l’indifferenza. Anche l’etichetta racconta questa storia di svelamento e riscoperta: essenziale, completamente bianca, si apre strappandone un lembo sul lato destro, svelando — quasi fosse un segreto — il nome del vino. Un gesto simbolico che invita a guardare oltre la superficie.

Durante l’incontro, il professor Franco Mannini, già ricercatore presso l’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del CNR di Torino, ha ripercorso la storia del Ruzzese, dai pochi filari superstiti in Lunigiana alle analisi genetiche che ne hanno rivelato l’identità varietale.  

«In Liguria – dice il Prof. Mannini, presente in sala – esiste un polo di varietà disparate. I vigneti non erano mai monovarietali. Il recupero delle diverse qualità non è stato facile, le omonimie sono frequenti e si deve fare un lungo lavoro di identificazione. Durante gli studi due vitigni hanno dimostrato un’identità, il Rossese bianco che si trova in Piemonte e il Ruzzese che era nelle Cinque Terre e in Lunigiana».

Iscritto nel Registro Nazionale delle varietà di vite nel 2009, il Ruzzese ha attirato nuova attenzione solo a partire dal 2014, quando Antonio Zoppi, padre di Davide, ne acquistò il primo ceppo. Oggi in azienda si contano circa 1.500 piante, destinate a triplicare nei prossimi tre anni. A raccontarne le peculiarità agronomiche è stato Gabriele Cesolini, agronomo aziendale:«È un vitigno forte, vigoroso, dai profumi intensi. Camminando tra i filari si nota come le piante restino verdi anche dopo lunga esposizione al sole. Maturano tardi e mostrano una naturale resistenza alle malattie fungine. Una risorsa preziosa in ottica di adattamento climatico».

L’annata 2023 di Zero Tolleranza per il Silenzio conta appena 635 bottiglie, ma la produzione è destinata a crescere grazie alla propagazione di oltre 3.000 nuove barbatelle già in corso.

L’evento è stato infine arricchito da un’esperienza sensoriale, con la presentazione della nuova etichetta sulle note di Zero Tolerance for Silence di Pat Metheny – colonna sonora perfetta per un vino che non accetta compromessi – e dagli interventi tecnici che hanno raccontato il lavoro sul campo, passo dopo passo.

Nel calice il “Zero Tolleranza per il Silenzio Ruzzese bianco 2023” si presenta come una sinfonia di freschezza, personalità e finezza, caratterizzato da un bouquet elegante, con sentori di fiori bianchi, erbe aromatiche mediterranee e agrumi delicati, dal cedro al lime. Teso, dinamico e vibrante al sorso, con una spalla acida importante che sostiene una struttura snella, sapida, pulita. Il finale è lungo, agrumato e lievemente balsamico. Un vino che richiama la terra aspra e luminosa da cui proviene. Un bianco di rara forza espressiva, che sfida i riferimenti consueti. Più che una promessa, è già una rivelazione: longevo, carismatico.

Il segreto di tanta armonia sta nel silenzioso lavoro del tempo, il vino si eleva in tonneau da 500 litri, accarezzato da frequenti bâtonnage, e riposa poi in bottiglia per ritrovare se stesso. Il legno c’è, ma non si sente — lavora in sottrazione, leviga, rifinisce, fa da cornice.  

Un vino che non accetta il silenzio. E che, una volta ascoltato, non si dimentica.

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