Il segreto de Il Marroneto

Qual è il segreto de Il Marroneto?

È questa la domanda che molte persone si sono poste dopo la grande attenzione mediatica arrivata negli ultimi anni su una delle aziende più spettacolari di Montalcino.

Siamo nel versante Nord di questo comune in provincia di Siena, i vicini di casa sono aziende storiche ed importanti e qui nel 1974 Il Marroneto viene acquistata da Giuseppe Mori, padre dell’attuale proprietario Alessandro.

Certo il riconoscimento ricevuto pochi anni fa sul Madonna delle Grazie 2010 ha dato uno slancio importante in visibilità ma ci piace credere che non sia stato solo quello a portare definitivamente l’azienda nell’olimpo della comunicazione mondiale.

C’è di più, tanto di più!

È un intrecciarsi di numerosi fattori primi tra tutti la personalità e l’estro vivace di Alessandro l’attuale proprietario. Abbandonata la carriera da giurista si dedica completamente a ciò che ama fare: il Vigneron.

La visione di Alessandro non è praticamente mai mutata nel tempo e al giorno d’oggi rafforza decisamente il concetto di personalità del brand.

Le mode passeggere nel mondo del vino e non solo non hanno mai portato il Marroneto in una direzione differente da quella che tutti i giorni professano: eleganza, precisione ed integrità del frutto, territorialità e ottima acidità integrata.

Il Marroneto vive un momento di gloria del tutto meritato ed ascoltare Alessandro alcune settimane fa raccontare i processi di vinificazione è stato decisamente formativo.

In degustazione con Alessandro Mori Il Marroneto Brunello di Montalcino 2016 e Il Marroneto Brunello di Montalcino Madonna delle Grazie 2016.

I vini prodotti da Il Marroneto non hanno segreti ma solide certezze: sono 46 le vendemmie sulle spalle di Alessandro proprietario della gemma in provincia di Siena.

La vinificazione avviene per la maggior parte in legno, solo alcune parcelle sono fermentate in acciaio.

Il mosto viene agitato nella creazione del “Brodo Primordiale“, come piace chiamarlo in azienda, passaggio fondamentale secondo Alessandro per estrarre a pieno tutti i precursori aromatici intrappolati nella parte interna della buccia, ma quella più esterna a guardarlo da dentro.

Le fermentazioni alcoliche sono spontanee e poco controllate, anzi oserei direi per nulla, dal punto di vista delle temperature che spesso superano senza timidezza i 32 gradi.

Temperature che farebbero rabbrividire la maggior parte degli enologi ma non Alessandro che sa quel che fa.

In questo modo si fissano aromi ed il vino è più stabile, la lettura del vigneron ilcinese.

La svinatura avviene dopo 8-9 giorni di contatto con le bucce con un valore prossimo ad 1,5 Babo sul mostimetro più utilizzato in Europa.

Il metabisolfito viene utilizzato ma soltanto nella prima fase di vinificazione, successivamente viene completamente dimenticato in quanto la solforosa è un killer di enzimi molecolari e danneggerebbe la proliferazione dei batteri lattici.

È questa un’ altra piccola differenza tra il Marroneto ed il resto del mondo: la malolattica lenta non spaventa anzi aumenta la coesione molecolare e produce vini più stabili. Sono felici dunque di attenderla durante il corso dell’inverno e della primavera successivi alla vendemmia.

La vera protezione dei vini de Il Marroneto deriva dalla sua acidità e dal sapiente utilizzo dei torchiati che vengono addizionati senza troppe remore ai mosti fiore.

I vini affinano in botti grandi di diversa età principalmente di rovere di Slavonia prodotte da Garbellotto.

“Il vino si fa vecchio in legno ed elegante in bottiglia” mi ricorda Alessandro prima di degustare due vini strepitosi da poco imbottigliati in versione annata 2016 e Single Vineyard 2016 per poi seguirlo nel tour della cantina con la degustazione in anteprima delle annate 2018, 2019 e 2020.

L’annata 2018 è di gran classe, tendenzialmente esile a Montalcino ha trovato nella parte finale della maturazione prima della raccolta un po’ di difficoltà nel cambiamento climatico e nelle piogge di fine Settembre.

L’annata 2019 mostra una grazia floreale di bellezza impressionante coesa e strutturata e coniuga potenza e profondità nell’allungo leggermente mordente ed astringente. Un vino che piace molto a WinesCritic.com per le caratteristiche che lo compongono e per la maturazione tardiva dalla quale si producono spesso i vini più longevi ed interessanti prodotti al mondo.

L’annata 2020 è attesa con grandissime aspettative insieme alla 2019. Potrebbe essere una nuova 2015 o una nuova 2016 o forse semplicemente la 2020 che potrebbe firmare un’altra serie infinita di capolavori made in Montalcino.

Di seguito i commenti dei vini imbottigliati degustati:


Il Marroneto Brunello di Montalcino 2016.

Eccelso e brillante mostra un profilo delicato ricco di grazia che richiama i fiori rossi, le foglie bagnate, il chinotto ed il bergamotto. Ben fuse in sottofondo le note di buccia di lime e bacche di ginepro arricchiscono la matrice secondaria. Centrato nel core principale mostra un corpo medio, tannini soffici poco estratti nella matrice ed un finale disteso ed equilibrato sin da subito che emoziona nella chiusura delicata e di incredibile radiosità. Delizioso ora, ma meglio dal 2021.

Il Marroneto Brunello di Montalcino Madonna delle Grazie 2016.

Decadente e bohémien regala nobiltà nel profilo terso e definito che spazia in differenti direzioni autentiche e veraci. Le prugne rosse disidratate si uniscono a note di amarene, ciliegie disidratate, cannella in polvere ed anice stellato. Il sottofondo di egual intensità si regala nella dolcezza sincrona dello zucchero a velo, del chinotto e del timo selvatico egregiamente fuso a sentori di maggiorana e salvia arsa nella bellezza di un profilo mediterraneo complesso ed intenso. Corpo pieno, tannini di grana fine perfettamente polimerizzati nella matrice ed un finale teso e vibrante che dal centro palato in poi si infiamma nella ricerca di una chiusura tesa e persistente. Meglio dal 2022.

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