Tenuta del Meriggio e la Coda di Volpe, un viaggio tra storia, evoluzione e identità irpina

di Fosca Tortorelli

A circa 3 chilometri da Montemiletto, antico borgo posizionato sul rilievo montuoso che forma lo spartiacque tra le valli del Calore e del Sabato, fra le colline centrali dell’Irpinia, nella frazione di Serra di Montemiletto, a 550 m. s.l.m., si trova l’Azienda Agricola “Tenuta del Meriggio”.

Tenuta del Meriggio.

Un’azienda familiare che inizia il suo percorso nel 2010, grazie all’appassionata volontà dei coniugi Bruno Pizza e sua moglie Nunzia Guerriero, che fino a quel momento si erano dedicati prevalentemente a lavori nel campo scientifico. Il nome stesso, scelto da loro, vuole sottolineare l’atmosfera che avvolge questa collina durante le ore meridiane delle estati del Sud, quando tutto si sospende e si ferma attendendo la fresca brezza serale.

Un luogo dove la vite trova beneficio esprimendo il suo carattere in modo ottimale, con diversi appezzamenti Ogni vigneto possiede la sua specificità ampelografica che, attraverso un lavoro di zonazione, garantisce la miglior espressione dei vitigni coltivati. Non solo Fiano, Greco e Aglianico, ma quello che caratterizza l’azienda “Tenuta del Meriggio” è la produzione del vitigno Coda di Volpe, varietà spesso sottovalutata e in passato usata come uva da taglio, iscritta nel registro dei vitigni da vino il 25 maggio del 1970.

Questo vitigno, la cui prima citazione risale alla seconda metà dell’Ottocento, quando Froio lo incluse tra le varietà coltivate nella regione è presente in tutte le province della regione, ma solo negli anni Ottanta del 1900 è stato valorizzato da alcuni produttori, in particolare Domenico Ocone nel Sannio e Antonio Troisi in Irpinia, che lo hanno vinificato in purezza. Da queste premesse la voglia dell’azienda di “Tenuta del Meriggio” di organizzare una verticale di sette annate della loro Coda di Volpe, che ha fatto emergere interessanti spunti e considerazioni su questa bacca bianca.

A moderare l’incontro la giornalista Annacarla Tredici, che ha aperto l’incontro tra l’enologo dell’azienda Carmine Valentino, il giornalista enogastronomico Luciano Pignataro e il presidente AIS Campania Tommaso Luongo, che – affiancati dai titolari Bruno Pizza e Nunzia Guerriero con la figlia Emilia – hanno guidato la degustazione.

Sette le annate in assaggio, dalla 2016 alla 2023, saltando solo la 2017 – annata sfortunata e difficile, in cui la coda non è stata prodotta – in un percorso che ha evidenziato le potenzialità di questo vitigno e le sue prospettive evolutive.

La 2016 si è rivelata davvero sorprendente nel calice, una bottiglia in gran forma, che ha rivelato nel calice un vino caratterizzato da una grande espressività gusto-olfattiva e, nonostante gli anni, con note terziarie complesse, dalla frutta a nocciolo al floreale secco; molto piacevole nel sorso.

Di altra impronta la 2018, decisamente più materica, con richiami di mandorla, voluminosa nel sorso e dal finale leggermente ammandorlato.

In splendida forma la 2019, che si è distinta per eleganza e finezza, con sentori affumicati e di erbe officinali, balsamiche di menta selvatica che danno ampiezza e profondità al sorso.

Più lineare sia nello spettro olfattivo che nel sorso la 2020 che si esprime con note di frutta polposa, richiami di erbe selvatiche e nuance floreali.

Saporita e godibile la 2021, che si presenta sfaccettata, con note di frutta gialla e cenni floreali; dinamica nel sorso e di grande bevibilità.

Si chiude con le ultime due annate, la 2022 che presenta una piacevole giovialità, caratterizzata da note di agrumi, lime e un piacevole richiamo olfattivo di bergamotto e albicocca. Decisamente molto giovane nella sua espressività olfattiva, la 2023 dimostra il suo potenziale, rivelando un sorso ampio ed espressivo, che promette evoluzioni interessanti.

Un percorso che ha confermato la Coda di Volpe come un vitigno di grande personalità e prospettiva evolutiva, capace di raccontare la ricchezza del territorio irpino.

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